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JAM – Mensile di Musica – Gennaio 2012:
“Among the streams” uno dei migliori dischi del 2011.
Recensione di Roberto Caselli (3 Stelle)
Sono di Roma, ma viaggiano veloci sull’espresso diretto a Dublino, i Mardi Gras, e non solo perchè la loro cantante Claudia McDowell ha cromosomi irlandesi.In “Among the Streams” ci sono almeno un paio di brani che si muovono sulle onde del vecchio folk rock con risultati eccellenti: In particolare “Ballad of Love” è ben strutturata e permette alla voce di Claudia di emergere con intensità, ma c’è anche uno splendido omaggio a Yeats, “Men improve with the years” che è stato suggerito da loro da Liam O’Maonlai prezioso ospite di questo lavoro. Sarebbe però limitativo considerare solo la vecchia Europa come fonte d’influenza dei Mardi Gras: il loro rock ammicca al blues e a un sound più ortodosso che sa di provincia americana. Non arriva a caso la cover di Springsteen “Land of hope and dreams” che ci riporta di schianto sulle strade blu che serpeggiano tra campi coltivati e fabbriche dismesse. Ma l’America emerge anche per altri versi in “Shine” quando il ritmo aumenta fino a incrociare un country verace che sa di feste sull’aia, cose di altri tempi, concepite molto prima che Nashville dettasse le regole. Complessivamente il disco è decisamente piacevole, ben suonato e ben cantato. Le idee sono chiare e bisogna solo continuarle nel migliore dei modi.

NOT TERRIFIC BUT COMPETENT
Recensione Among the streams

STEREO INVADERS
Recensione Among the streams

BLOGFOOLK
Among the streams review

MARTE MAGAZINE
A cura di Chiara Macchiarulo:
La prossima volta che invitate qualcuno a salire a casa vostra per mostrare orgogliosi la vostra collezione di farfalle, francobolli, sottobicchieri, bustine di zucchero intestate, non cercate altro sottofondo musicale che non sia questo disco dei Mardi Gras.
Perdetevi tra le correnti di Among the Streams, accendete l’emozione e il contatto, entrate in quel percorso che avvicina i poli elettrici della mente fino a farli sfiorare e produrre la scintilla. Spesso basta un minuscolo passo in avanti per affacciarsi sull’altro, impercettibile e sottile come l’orbita di un elettrone. Ancora più spesso quel passo sembra avere la misura di chilometri e chilometri e ci mantiene saldamente al di qua della linea. Un aiuto? La musica, e in particolare quella di questo disco: prima ariosa, luminosa, poi crepuscolare come il cielo che si rannuvola e tuona per dare vita alla pioggia e poi al nuovo arcobaleno, perché come dice qualcuno, no rain, no rainbows.
Registrate a Roma e masterizzate a Nashville, le dieci tracce di Among the Streams sono insieme emotive e precise, singolari e amalgamate: le chitarre calde e pastose di Fabrizio Fontanelli eAlessandro Cicala, il pianoforte di Alessandro Matilli, il basso di David Medina, la batteria diAlessandro Fiori, sono il tappeto perfetto per l’incedere – sì, sembra di vederla camminare a testa alta – di Claudia McDowell, voce irlandese del gruppo.
L’Irlanda è la patria d’elezione dei Mardi Gras, spesso in viaggio tra Roma e Dublino, per la corrispondenza emotiva con certe malinconie di suoni e colori: impossibile non citare The Frames, celebre band dublinese con cui sono personalmente legati da vincoli musicali e d’amicizia.
Ma non solo: “Men improve with the years” è un riuscito e sentito omaggio al poeta William Butler Yeats, impreziosito dalla partecipazione di Liam O’Maonlai degli irlandesi Hothouse Flowers.
Ancora dolcezza e malinconia nella struggente ‘Hard to believe’, una specie di amara celebrazione della fine, un augurio a essere felici ancora nonostante tutto, nonostante quella fine: “May you feel again / May you speak again / May you love again / May you breathe again / May you feel again / May you sing again / May you walk again”.
Uno dei picchi del disco è senza dubbio “Ballad of love”, che richiama alle orecchie la potenza della migliore Patti Smith, mentre “Sister I know” è avvolgente e rassicurante come una coperta calda mentre fuori nevica, e “Shine” fa venire voglia di saltellare con qualche pinta di Guinness in corpo, per poi mettersi sotto quella coperta. Non prima di aver fatto un giro nello spazio di “Satellites and me” e guardato le stelle persi nel cielo d’Irlanda: “Lost in the sky / Bye and bye”.
Finale: coda di pianoforte, dolorosa e sfumata come ogni saluto. Anche se sai che è solo un arrivederci.

MUSICZOOM
Recensione Among the streams di Elisa Parmigiani

BEAT NEWS
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SHIVER WEBZINE
Recensione Among the streams di Max Sannella

MUCCHIO
Il Mucchio Selvaggio, Novembre 2011, mensile di musica,   recensione di “Among the streams” a cura di Federico Gugliemi.
Sono parecchi anni che i Mardi Gras battono i club della Roma che li ha visti nascere, d’Italia e di quella Irlanda che è la loro seconda patria, anche se il nome si ispira a New Orleans e indirettamente ai mitici Creedence Clearwater Revival: tutti elementi che confluiscono in questo nuovo album, seguito del Drops Made autoprodotto del 2006 e primo con la cantante di origini irlandesi (ma guarda un pò…) Claudia McDowell, che si snoda attraverso dieci canzoni dove il gruppo evidenzia le sue doti più strettamente musicali (songwriting, arrangiamenti, suoni, sfumature) oltre alla sanguigna passionalità liberata soprattutto dal vivo. Anche se Men Improve with the Years ha come testo una poesia di Yeats e ospita Liam O’Maonlaì degli Hothouse Flowers, nei dieci pezzi c’è più America che Isola di Smeraldo, e non solo per la cover (l’unica) di Land of Hope and Dreams di Bruce Springsteen: si poteva forse fare di più in termini di produzione e dinamiche, ma è comunque un bel sentire tra ballate avvvolgenti e brani in cui il sestetto guidato dal chitarrista Fabrizio Fontanelli e Alessandro Matilli, ambedue compositori, non trattiene quell’indole r’n’r virata blues indelebilmente impressa nel suo dna.

HEART OF GLASS
Il singolo Song from the End of the World è quanto di più armonioso si possa ascoltare.
Dolce e giustamente nostalgico come una giornata di finissima pioggia primaverile su di uno sfondo di colline verdi. L’intro contemplativo, rilascia piacevoli sensazioni anche grazie ai dialoghi fitti tra le chitarre ed il piano. I colori si fanno nitidi nel bridge, sviscerato con ardore pur rimanendo entro le righe ordinate del brano. Un singolo che sta facendo la fortuna dei Mardi Gras, sia nella dimensione live che in radio.
Proprio quest’ultimo passaggio risulta fondamentale per una band con qualità e con tanta sostanza, o come direbbero gli stessi Mardi Gras “… con tante storie da raccontare”.

MARTE MAGAZINE
La musica dei Mardi Gras parte dagli storytellers più tipicamente americani (Dylan, Springsteen) e arriva a suonare in un modo che non è né americano in senso stretto né europeo in senso lato. E quindi comunica.
Il nuovo singolo conferma la precedente impressione di qualità, collocandosi in una linea di continuità col lavoro precedente. Non è stasi, ma riconoscibilità. Che è una cosa ben diversa.

HOT PRESS DUBLIN
Mardi Gras are doing some interesting things, and seem to have the work ethic any band needs to succed. They don’t mention any specific Irish dates, but from their sound they would be worth the bus fare into town -if not quite the plane fare to Rome.

CORRIERE DELLA SERA
Mardi Gras, folk e Dublino nel cuore. Articolo di Sandra Cesarale

“Da Roma la loro musica è arrivata fino a Dublino. Ma ora le canzoni dei Mardi Gras si possono ascoltare anche nelle radio americane: dalla California all’ Alaska, passando per Tennessee e Arizona.
Un traguardo importante per il quartetto romano indipendente e autoprodotto che ha rubato il nome al famoso Carnevale di New Orleans, ma anche a uno degli ultimi album dei californiani Creedence Clearwater Revival. L’accostamento, hanno spiegato, non è nato per caso. Il nome indica «gioia, esplosione di sensazioni…..come accade quando portiamo le nostre canzoni in giro». «Drops Made» è il secondo cd della band folk-rock, A Dublino, infatti, hanno fatto girare le loro incisioni sei anni fa. «Il nostro primo demo – hanno raccontato – ha avuto un ottima recensione su “Hot Press” che è il piu importante magazine di
musica irlandese… così è nato un legame che ancora non si è interrotto. Come una volta disse Bono, “la gente irlandese e quella italiana hanno uno spirito vicino”». Nei Mardi Gras, dicono, rivive «la semplicità dei buskers dublinesi, molti dei quali sono ora artisti apprezzatissimi come [..], Mundy e Paddy Casey». Invece, considerano Roma «un ambiente culturalmente pigro, devi lavorare il doppio, il triplo… ma per noi questo è uno stimolo, una sfida»

CITY ROMA
“Nella loro musica, l’eco delle sonorità tipiche del rock irlandese e quelle dei Waterboys più elettrici. Ma a tirarli fuori con decisione dalla categoria dei supini emulatori è il raffinato gusto compositivo, la forza essenziale e sicura dei testi, l’evidenza di un’ispirazione originale”.

BEAT
“Folk rock-country da Roma, senza scivoloni di maniera con un identità ben definita e un occhio all’estero”.

RUMORE
“Polly Paulusma rivive nello spirito dei Mardi Gras (…) Perché non approfittare e farsi coccolare da cotanta acustica rotondità? “.

ROCKERILLA
“Drops made, piccoli quadretti classici e senza tempo”.

MUZ
“I Mardi Gras chiamano in causa i Velvet Underground più ovattati di Nico e la Beth Gibbons meno intima. Gli arrangiamenti, praticamente inesistenti, lasciano posto a un suono vintage che ricorda le registrazioni in presa diretta di Tim Buckley (…)”

FUORI DAL MUCCHIO
“Corre un capello tra sincera e spontanea freschezza da un lato, scontato e ingenuo candore dall’altra.”

LOST HIGHWAYS
“La poesia rapisce per condurre lì dove c’è una deiscenza della bellezza da cogliere ed accogliere”.